Durata della esecuzione della liquidazione controllata ex art. art 268 e art. 142 co 2 del Decreto Legislativo n. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza).
I giudici rimettenti censurano la norma secondo cui alla liquidazione controllata si possono ascrivere anche i beni che pervengono al debitore durante la procedura. Il profilo su cui si appuntano i dubbi di legittimità costituzionale attiene alla mancata indicazione della durata del meccanismo acquisitivo.
La citata norma viene tratta dalla disciplina dettata per la liquidazione giudiziale dall’art. 142, comma 2, CCII, secondo il quale sono in essa ricompresi «i beni che pervengono al debitore durante la procedura, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi».
L’apertura della liquidazione controllata introduce, in particolare, «il concorso dei creditori sul patrimonio del debitore» (art. 151 CCII, richiamato dall’art. 270, comma 5, dello stesso CCII), i cui beni compresi nella procedura devono soddisfare le ragioni creditorie.
Al contempo, il parametro che guarda alla realizzazione di tali pretese, oltre che all’adempimento delle spese della procedura, deve coordinarsi con due ulteriori istanze.
Da un lato, deve raccordarsi con l’istituto della esdebitazione, che comporta una responsabilità patrimoniale contenuta nel tempo e, pertanto, limita l’apprensione dei beni sopravvenuti del debitore.
Da un altro lato, va considerata l’esigenza di porre un limite alla durata della procedura concorsuale, che indirettamente si riverbera sulla durata del meccanismo acquisitivo, in quanto il procedimento giurisdizionale non può protrarsi per una durata irragionevole, tanto più ove si consideri che la sua apertura inibisce ogni azione individuale esecutiva o cautelare (art. 150 CCII).