CASSA PREVIDENZA SOVVENZIONI ASSISTENZA TRA DIPENDENTI COMUNALI
LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO EX ART. 14TER E SS L. 3/2012
Il Tribunale di Bari, con decreto ex art. 14-quinquies l. 3/2012 depositato il 23.2.2021, ha dichiarato aperta la procedura di liquidazione del patrimonio della Cassa di Previdenza, Sovvenzioni e Assistenza fra i dipendenti del Comune di Bari
Il medesimo Tribunale, in composizione collegiale, ha rigettato il reclamo presentato da alcuni dipendenti in servizio del Comune di Bari, da alcuni ex dipendenti del medesimo Comune e da alcuni ex iscritti alla Cassa e creditori della stessa.
Il Tribunale di Bari ha disatteso la prospettazione dei ricorrenti secondo cui la Cassa in oggetto costituirebbe un organismo di diritto pubblico in house del Comune di Bari, fondato sul perseguimento di finalità di pubblico interesse, soggetto al potere di ingerenza, vigilanza e controllo del Comune di Bari[…]
Il giudice di merito ha, quindi, ritenuto che l’esclusione della natura pubblica della Cassa comportasse l’inapplicabilità dell’art. 244 d. lgs. 267/2000, disciplinante il dissesto finanziario di Province e Comuni, a fronte, del resto, della chiara previsione di tale norma, secondo cui “Le norme sul risanamento degli enti locali dissestati si applicano solo a province e comuni”.
Questa Corte (vedi SS. UU. n. 22409/2018 e 32068/2019) ha reiteratamente affermato che l’ente in house (in quei casi la società) è configurabile al ricorrere delle seguenti condizioni: a) il capitale sociale deve essere integralmente detenuto da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi e lo statuto deve vietare la cessione delle partecipazioni a soci privati; b) l’ente deve esplicare statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo che l’eventuale attività accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale; c) la gestione deve essere per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici. Tali requisiti devono sussistere tutti contemporaneamente e risultare da precise disposizioni statutarie.
Le Sezioni Unite, nella predetta pronuncia n. 32068/2019, hanno, altresì, evidenziato che, nel corso degli ultimi anni, la nozione di pubblica amministrazione si è progressivamente frantumata e relativizzata, ed hanno richiamato la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, Sez. VI, 26 maggio 2015, n. 2660), che ha chiarito che la nozione di ente pubblico nell’attuale assetto ordinamentale non può ritenersi fissa ed immutevole: il riconoscimento ad un determinato soggetto della natura pubblicistica a certi fini non ne implica automaticamente la integrale sottoposizione alla disciplina valevole in generale per la pubblica amministrazione: “al contrario, l’ordinamento si è ormai orientato verso una nozione funzionale e cangiante di ente pubblico; si ammette … senza difficoltà che uno stesso soggetto possa avere la natura di ente pubblico a certi fini e rispetto a certi istituti, e possa, invece, non averla ad altri fini, conservando rispetto ad altri istituti regimi normativi di natura privatistica”.
Questa Corte ha più volte enunciato, in tema di interpretazione contrattuale, il principio di diritto secondo cui per far valere una violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’ inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (vedi Cass. n. 9461/2021, vedi anche Cass. n. 16987/2018, Cass. n. 10554 del 30/04/2010, n. 22102 del 19/10/2009).
La Corte ha rigettato i ricorsi